Con Damnatio Memoriae, i Mary Was A Machine firmano il capitolo più ambizioso e stratificato della loro storia artistica. Il nuovo album dell’alternative metal band è finalmente disponibile su tutte le piattaforme digitali, anticipato dal singolo Confession e prodotto da Jarno Bellasio presso i Theorem Studio.
Aprire un disco è una dichiarazione d’intenti, e i Mary Was A Machine lo sanno bene. Confession non è solo il brano inaugurale del nuovo album, ma una porta spalancata sul passato della band, rivisitata con nuove consapevolezze e nuove ferite.
“È uno dei pezzi più vecchi del nostro repertorio, reinterpretato e rinnovato per diventare l’opener ideale” racconta la band.
“Tornare a questo brano significa guardare negli occhi ciò che eravamo, ma senza subirlo. Nel testo convivono ansia, pensieri intrusivi, paura di non appartenere a niente e il desiderio disperato di fermarsi, respirare e ritrovare un posto nel mondo.”
Il risultato è un’esplosione emotiva crescente: un brano inquieto, vulnerabile, a tratti soffocante, che però non rinuncia alla speranza. Una confessione che diventa rito di passaggio, fondamento dell’universo sonoro e tematico di Damnatio Memoriae.
Dopo aver disseminato indizi lungo il percorso con Thorns, About You, About Me, Alien e April’s Days, i Mary Was A Machine arrivano alla loro opera più completa. Damnatio Memoriae è un album che non chiede il permesso: prende per mano, trascina nel baratro, e poi spinge a riemergere.
“È un punto di arrivo, ma anche una ripartenza. È nato passo dopo passo, mentre cercavamo un senso alle cose che viviamo” affermano.
“È il nostro disco più pieno: ci sono atmosfere pesanti, malinconiche, parti intime, momenti diretti e sezioni più complesse. Ogni brano è un’emozione incastrata nella memoria.”
Ed è proprio la memoria — fragile, imprecisa, ingombrante — a diventare il centro concettuale del disco. L’immagine della suora, scelta come visual del progetto, è il simbolo di un’identità repressa, di emozioni rinchiuse nella tonaca come in un involucro che protegge e soffoca allo stesso tempo.
Ogni suora, una donna.
Ogni donna, un’emozione.
Ogni emozione, un residuo impossibile da cancellare.
Damnatio Memoriae diventa così una lotta contro l’oblio, un album che scava tra le macerie e pretende risposta.
La band non ha dubbi: questo album non chiude una parentesi — la rompe.
Non è un tentativo di dimenticare, ma il gesto opposto: ricordare, accettare, sopravvivere. È il suono di chi stringe i denti, di chi rimette insieme i frammenti senza la sicurezza di un lieto fine ma con la necessità, urgente e carnale, di esistere.
E se questo è solo l’inizio, allora vale la pena restare in ascolto.
Mary Was A Machine non cancellano la memoria. La incendiano. E dalle fiamme, promettono, nascerà qualcos’altro.
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